Infatti il D.Lgs. 133/2005 ripreso ora dal titolo III bis della parte IV del D.Lgs.152/06 prevede che: Gli impianti di incenerimento devono essere progettati, costruiti, equipaggiati e gestiti in modo tale che, dopo l’ultima immissione di aria di combustione, i gas prodotti dal processo di incenerimento siano portati, in modo controllato ed omogeneo, anche nelle condizioni più sfavorevoli, ad una temperatura di almeno 850 °C per almeno due secondi. Tale temperatura è misurata in prossimità della parete interna della camera di combustione, o in un altro punto rappresentativo della camera di combustione indicato dall’autorità competente. Se vengono inceneriti rifiuti pericolosi contenenti oltre l’1 per cento di sostanze organiche alogenate, espresse in cloro, la suddetta temperatura deve essere di almeno 1100 °C per almeno due secondi. Una corretta combustione dei rifiuti è talmente importante che le cautele da adottare e le prescrizioni da rispettare previste per l’incenerimento dei rifiuti sono estese dalla normativa
comunitaria e, conseguentemente, da quella italiana, anche a tutti gli impianti in cui avviene un trattamento termico dei rifiuti indipendentemente che si attui o meno la loro combustione. La disciplina degli impianti di incenerimento non presenta differenze sostanziali nei limiti e nelle cautele da adottare nella loro realizzazione e gestione, in relazione al fatto che questo avvenga o meno con recupero di energia, ma presenta piuttosto solo differenze nelle procedure autorizzatorie a seconda che l’impianto di combustione dei rifiuti operi in regime ordinario (D.Lgs. 152/06, articolo 208), in procedure semplificate (D.Lgs.152/06, articoli 214 e 216 e D.M. 5.2.1998) o in regime di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (D.Lgs. 387/2004).